Quando la routine uccide la quotidianità

routine

L’uomo è un animale abitudinario. La sua personale propensione al doversi basare su una praticità trova nella quotidianità una forma di sicurezza. Per quanto possa sembrare assurdo, l’essere umano ottiene dalla consuetudine e dal metodo empirico la sua massima realizzazione. L’esperienza con il suo ripetersi all’infinito non fa altro che fornire una garanzia di successo o una segnalazione di fallimento nel caso in cui l’esperimento non vada a buon fine. Siamo ossessionati dai rituali, forse per esorcizzare la paura che la nostra condizione di mortali ci fa costantemente sentire. Siamo consci che la nostra vita è sorretta da un semplice filo. L’unico rimedio che possiamo adottare è l’invenzione di un sistema di controllo. In qualità di miseri granelli di polvere cerchiamo una stabilità e il futuro non ci spaventa, se per avvenire si intende un tipo di “pro-getto”. Fin da piccoli impariamo degli schemi e una volta consolidatone il potere funzionale li utilizziamo ad oltranza.
La sicurezza acquisita dalla pratica di un percorso stradale, come il semplice gesto di riuscire a trovare parcheggio magari nello stesso posto o lo stesso orario di lavoro ci permettono di stare meglio, perchè viviamo non alla giornata, ma la giornata.
Questo atteggiamento è una eredità animale. In natura tutto ha un senso. Per quanto possa sembrare tutto slegato, ogni singola creatura vivente è concatenata ad un altra: le piante lo sono agli animali e gli animali… ad altri animali.
Fingiamo di essere dei cacciatori: la prima azione che sicuramente compiremo, sarà quella di osservare le impronte. I cinghiali, ad esempio battono sempre gli stessi sentieri, perchè sono attratti dalla ricchezza di cibo e dai cespugli dove nascondersi, quindi come sillogismo, invece di cercare altrove, seguiremo le tracce, perchè convinti di avere più chance di successo. Naturalmente questo ragionamento non sempre vale soprattutto se sei un tacchino e si avvicina Natale!
L’abitudine è nostra amica, allora mi domando, perchè invece la routine è nostra nemica?
Cosa accade all’animale che è in noi quando si sente intrappolato dalla morsa stretta dell’ineluttabilità?
Ultimamente mi è capitato di constatare che sugli scaffali dei supermercati non si trovano più solo integratori per il corpo, ma tanti anche per la mente, per la memoria.
L’uomo moderno è pervaso da un continuo senso di stanchezza psico-fisica e dalla mancanza di ricordo.
E se questi deficit fossero un modo molto eloquente da parte del nostro linguaggio non verbale per suggerirci di allentare la presa? La routine non è fatta per noi, ma la quotidianità sì.
La routine, la mancanza di soddisfazione per così dire venatoria e la perdita di controllo sulle nostre azioni confondono i nostri sensi che disturbano i segnali inviati dalla realtà.
Tutto quello che a parere del nostro animale è superfluo viene ridotto al minimo essenziale. Il corpo inizia così ad inviare continui messaggi che possono essere visualizzati con la doppia spunta: famosi sono quei casi in cui le persone vittima della alienazione continuano ad inciampare. Questa semplice distrazione vuole far capire che la situazione che si vive è piena di ostacoli al raggiungimento della felicità, oppure il non ricordarsi eventi o compiti da svolgere potrebbe essere interpretato come un modo carino di alleggerire la lista di cose da fare. Il mio preferito però, rimane l’esempio del dolore perpetuo alla gamba quando magari si vive una situazione da palla al piede in un contesto stra-ripetitivo o il perpetuo mal di schiena quando invece il peso della realtà è troppo opprimente.

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